La Bocca del Warp

001-025.M42
Segmentum Obscurus,
Nachmund Sub-sector,
Vigilus System,
Vigilus.

Mille bizzarie motorizzate di una banda di Orki correvano senza sosta da giorni, oscurando la pianura con i pesanti gas di scarico. Gli Orki erano accampati lì da troppo tempo e avevano trovato il loro modo di tenersi occupati.

Nonostante il fragore, Snortz e Nutz si godevano lo spettacolo della Cicatrix Maledictum che brillava attraverso le nubi nere, come gli occhi di un animale minaccioso nell’oscurità. Le loro grandi orecchie da kakkole erano sature di grida, rombi di motori, rumore di metallo e altri nocivi versi prodotti dalla banda; eppure c’era qualcosa al di sotto di questi, un rumore continuo, tenue, che però cresceva sempre più, sempre più, fino a richiamare l’attenzione dei due compagni.

‘Zenti anke tu, Snortz?’ disse il primo, infilandosi un lungo unghio nell’orecchio per sentire meglio.

‘Quezta coza? Coz’è? Umani?!’ rispose l’altro alzandosi in piedi, agitato, guardandosi attorno: c’erano solo orki, macchine e polvere. Il suono continuava a crescere, era come un grido, un lamento: cominciò a ingoiare persino le rassicuranti voci orkesche, persino il fracasso dei motori.

‘No! No umani! È kualkoza più grozzo! Forte! Forte!’, e davvero Snortz sapeva di cosa stava parlando: aveva partecipato a molte WAAAGH! eppure mai un grido di guerra degli orki fu tanto forte. Attorno a lui il suono crescente non fece altro che portarli a un nuovo stato di animosità, scatenando ancora più risse, scoppi e urla di quante non vi fossero già.

‘È kome l’urlo di un dio! Gork o Mork si sono zvegliati! Vogliono peztaggi! Vogliono sangue!’ urlava Nutz saltellando.

‘No Nutz! No! Se quezto è l’urlo di un dio, deve essere un dio kakkola! Zi lamenta, kome se Mork zta zkiacciando il dio kakkola o Gork zta ztrozzando il dio kakkola!’, gridava Snortz.

‘Allora esiste anke dio kakkola! Anche per noi!’ Nutz trepidava, gli occhi fissi oltre la coltre di nubi, i pugni serrati mentre agitava le braccia freneticamente, mentre Snortz continuava a dire qualcosa, mentre le orecchie fischiavano per il volume terribile di quell’urlo, finché non poté più sentire niente.

Finché esplose.

E anche Snortz esplose. E anche gli altri Orki cominciarono a esplodere. A chi esplosero le orecchie prima, a chi gli occhi o lo stomaco o la testa per intero. Il volume del grido era incredibilmente alto, la terra cominciava a tremare, i veicoli esplodevano anch’essi, causando il caos nel campo. Non vi erano superstiti, non ve ne sarebbero potuti essere: i resti dei corpi coriacei degli Orki cominciarono a tremolare, a ribollire scossi dalle onde sonore. L’urlo si faceva sempre più vicino; qualcosa stava arrivando.

E infine arrivò. Con uno scoppio tremendo la valle si squarciò per un raggio di svariati metri: la terra si era aperta e vomitava fiamme rosse, e arancio, e viola , e blu.

Un varco nel Warp si era appena aperto sulla superficie di Vigilus. Dal suo ventre, come infanti appena usciti dal grembo, che urlano e piangono alla prima boccata d’aria, vennero gettati fuori dei giganti in armatura, cosparsi di sangue. Il grido si affievolì, le fauci oscure si richiusero, lasciando una profonda crepa nella valle.

Tra il sangue di diecimila Orki e il fumo di una pianura in fiamme, vennero alla luce gli Heretic Astartes della Bocca del Warp.

ZEKYR IL FOLLE

Il primo a rialzarsi fu Zekyr, barcollando in avanti, gettandosi a carponi sul primo cadavere verde che gli giaceva vicino. Lo avvinghiò col guanto sinistro e levò alti gli Artigli Potenziati: lo trafisse urlando e lo squartò con un solo, rapido gesto, per poi chinarsi e azzannarne le budella rovesciate.

‘Saziami con la tua carne!’ gridava, con la bocca straripante sangue e bile nera.

Dietro di lui si avvicinò un secondo Space Marine, Gut, strisciando i pesanti stivali, in silenzio, la testa penzoloni. Non appena ne percepì la presenza, Zekyr si voltò e in un attimo gli fu addosso, cercando di mordere anche lui. I due compagni si strinsero in una presa mortale, i piedi piantati nel terreno non cedevano un passo.

Ringhiava Zekyr mentre dall’elmo di Gut proveniva un respiro pesante, affannoso, tetro. Insieme al sangue, una melma più verde e viscosa lo ricopriva, fetida e pulsante, come se trapelasse dai pori della grossa armatura, sospinta dagli sforzi del Marine.

Li trovarono in questa posizione, trentatre nomadi delle lande, vestiti di stracci, ma con abbastanza armi da poter minacciare la squadra di Space Marines. Zekyr li vide, allentò la presa, fu buttato a terra e svenne ancora, scosso dalle stesse convulsioni che affliggevano i suoi tre compagni ancora a terra. Gut osservò traballante gli ospiti minacciosi. Una creaturina gli venne allora al fianco, abbracciando la sua gamba, sussurrandogli qualcosa. Gut alzò per quel che poté le mani al cielo. Si arrendevano.

VISKIER CAPITANO DEI PREDONI

Li portarono in un covo abbandonato, un ramo di una vecchia Città Formicaio. La zona era torrida, le strutture di ferro corrose dalle tempeste, ma non fu la siccità della zona a far fuggire gli abitanti: orrori peggiori si celavano tra le ombre. Racchiusi in pesanti sarcofagi gli Space Marines catapultati su Vigilus poche ore prima vennero condotti nei sotterranei. Qui la temperatura era molto più bassa e il buio era totale. In fondo a un profondo corridoio, adornato da scudi tribali, rozze armi e carapaci di mostri delle pianure, una fiaccola illuminava un trono d’ossa e ferro. Su di esso sedeva un Astartes dall’armatura nera. Le fiamme danzanti si riflettevano sui ghirigori d’oro di cui era cosparso, ma non sembravano penetrare il nero delle placche di ceramite. Tre occhi rossi brillavano al centro del suo elmo.

Dietro di lui, la stessa creatura che aveva parlato prima a Gut emerse dalle ombre, zampettando sul trono, arrampicandosi verso le spalle del Marines. Questi si ritrasse e colpì l’omuncolo, facendolo volare lontano. Si alzò quindi ed estrasse una gigantesca spada incastonata nel trono. Al tocco del suo guanto, saette di pura energia percorsero la superficie della lama, che in un attimo era puntata a un millimetro dalla faccia del sinistro ospite. Tra la spada e i suoi occhi bluastri si vennero a creare scariche, scintille e scoppiettii che illuminavano le sue fattezze mostruose. Non era umano, certamente, e nemmeno un sottoprodotto della razza: era un demone, con grandi occhi, senza naso e con denti aguzzi che fuoriuscivano dalla bocca verso il mento. Un corno più lungo e uno più corto spuntavano dal cappuccio della tunica da cui era avvolto. Era un demone minore certamente, ma non per questo meno maligno. Viskier era avvezzo alla vista di orrori del genere, e abbassò la spada. Vi andò vicino, si chinò, e parlò con esso, che gli sussurrava all’orecchio.

Da dentro uno dei sarcofagi, qualcosa cominciò a dimenarsi, a scuotersi, a sbattere invano sulle pareti e ad emettere un sinistro lamento, basso, gorgogliante. I barbari che lo trasportavano lo lasciarono cadere e si ritrassero, impauriti. Viskier si alzò quindi e con un gesto ordinò che uno dei prigionieri venisse liberato.

Era Phátos Sha. La sua armatura era blu e arancio e due corna intaccate svettavano sul suo casco. Si alzò dal suo giaciglio lentamente, scrutando le ombre attorno a lui. Di fronte, Viskier era illuminato dalla sua spada potenziata, in guardia.

‘Abbassate le armi, fratelli!’ cominciò Phátos, ancora scosso, aprendo le braccia distese, ‘Io sono Phátos Sha e questo è un grande giorno, poiché coloro che erano morti sono tornati! Ed è presto ancora perché altri muoiano! Abbassate le armi.’

‘Io sono Viskier, comandante dei Predoni del Sud, e voi siete miei prigionieri. Parla, chi è il vostro signore? Chi vi manda? Da dove venite?’

‘Se i teschi che ricoprono le nostre antiche armature potenziate e il caos che ci lasciammo alle spalle non fossero stati abbastanza loquaci, Viskier signore dei cani del Sud, spero di poterlo essere io di più: siamo i servitori della Grande Bocca del Warp.’

‘Non ho mai sentito niente del genere.’

‘Ebbene saprai che il Warp, come che il Sud di Vigilus, è ricco delle più sgradevoli creature. Intere armate di rinnegati vengono ingoiate dall’insaziabile Bocca che brancola nelle correnti del Regno del Caos. Tutti noi qui subimmo la più sgradevole delle sorti: immagina d’essere ingoiato dalla più vorace delle creature del Caos, di venire dilaniato pezzo per pezzo, di bruciare, di scioglierti nel suo grembo; eppure continuare ad esistere e soffrire, intrappolato all’interno dell’Insaziabile: un limbo mostruoso peggiore ancora dei mondi del Warp, indescrivibile, fatto solo di rabbia e fame e dolore.

Noi siamo il rigurgito di questa creatura. E siamo affamati. Soffriamo ancora dello strazio della nostra fagocitazione, e l’unico modo per alleviarlo è nutrire la Bestia che si nutrì di noi, che ora è in noi, e noi siamo essa.’

Viskier volteggiò la spada ronzante. ‘Bene.’ Disse. ‘Si da il caso che veramente il Sud mi abbia fornito dei mastini.’

‘Uccideremo tutti i tuoi seguaci. Uccideremo te. Uccideremo per primo chi portava la mia cassa zoppicando maledettamente.’

‘Attento a parlare, i tuoi compagni sono ancora imprigionati.’

‘Io sono libero.’

La spada potenziata sfrigolò emettendo un forte bagliore, prima di spegnersi.

‘Il Signore Nero ha altri piani per voi.’

‘Noi siamo la Bocca del Warp. Nessun signore ha piani per noi.’

‘Il Signore Nero ha piani per tutti noi.’

Noi?

Viskier si avvicinò a Phatòs. Disattivò con la mano libera le pompe pneumatiche che sigillavano il suo casco, e se lo tolse: sul suo viso rimaneva poca pelle ormai, molle e caduca, che lasciava scoperte le ossa, i denti, il naso. Anche le ossa sembrava che stessero marcendo.

Noi mostri.

FEHE’DRR IL DEMONE

Il demone incappucciato sgattaiolò fra i due. Inclinò la testa puntando gli occhi fissi su Viskier.

Si girò quindi verso Phátos, gli girò attorno e si arrampicò sulle sue spalle, battendogli i due artigli di una sua zampa sull’elmo.

Phátos si prodigò in un inchino:
‘Sono Phátos Sha.’ disse di nuovo, ‘Abbassate le armi: siamo al vostro servizio.’

‘Quello, cosa è?’

‘Il Warp è ricco di sgradevoli creature, dicevo: lui è solo un amorevole messo della Grande Bocca: lo chiamiamo Fehe’Drr. E per quanto forse possa averti fuorviato prima, intendevo che noi siamo ai suoi servigi. Tienitelo caro, o avrai bisogno di più cani del Sud per tenere a freno Zekyr. E ricorda: la Bocca del Warp ha sempre fame.’

Così disse, e accompagnato dal demone si avvicinò alla cassa più vicina e armeggiò con la serratura.

‘Aspetta...’

Ma già la prima bara era schiusa, e Phátos si chinava sulla seconda. I barbari, intanto, si tenevano a debita distanza, facendosi coraggio coi loro piccoli fucili puntati alti sui mostri che si alzavano.

Uno ad uno vennero liberati.

Il primo era colui che fu lasciato cadere: Haax Hexbringer, uno Space Marine mostruoso, ingobbito da un cancro mutageno che gli cresceva sulle spalle, da cui si diramavano viscidi tentacoli.

Poi venne Gut, il gigante fetido.

Poi ancora Bjarn, che scalpitava e soffiava come un toro irrequieto.

Infine, Zekyr il Folle. Si passò la sua lunga lingua nera, affusolata, sulle labbra, osservando le prede che gli erano attorno. Fehe’Drr scorazzava tra di loro, tenendoli a bada. Persino Viskier era evidentemente teso. Spaventato, qualcuno avrebbe potuto dire.

‘Non siate spaventato, nero guerriero! Raccontateci, quindi, di questo nero signore, e di come io e i miei compagni qui potremo trovare ristoro presso di te. Il viaggio è stato assolutamente terribile e abbiamo proprio bisogno di mettere qualcuno sotto i denti!’ parlò divertito Phátos a nome di tutti, poggiando una mano sullo spallaccio decorato di Zekyr, l’unico a viso scoperto, il più terrificante di tutti.

Viskier indietreggiò e tornò a sedersi sul suo trono, rinfoderando la spada.

‘Lasciate allora che vi racconti la storia della Legione Nera, di Vigilus in fiamme e cosa vi aspetta per questa lunga notte...’

Quello che avete appena letto è l'inzio di una campagna iniziata da un gruppo di amici di Palermo! Federico ci parla di lui, e se siete delle sue parti e volete giocare con lui e il syo gruppo potete trovarlo sul suo telegram! Seguiteci per sapere come continua la storia!

Federico Amato - appassionato di Warhammer sin dal suo primo ingresso in un negozietto di miniature all'età di 11 anni, assistette con dispiacere alla chiusura di molti punti vendita GW palermitani. Nonostante ciò, anni dopo, ritrovata la voglia di giocare si rese conto che Palermo pullulava ancora di giocatori: nascosti nei garage, nei seminterrati, in piccoli gruppi su Facebook, ma che pian piano stanno uscendo allo scoperto, raccongliendosi attorno a vecchie glorie hobbistiche e al rinnovato negozio GW.